La storia degli esport: 40 anni di grandi numeri.

Episodio 2: Quando sono iniziati gli esport e come come si sono evoluti nel tempo? Ripercorriamo brevemente la loro storia.

Francesca Sgambato
8 min readDec 14, 2020

Di Francesca Sgambato

Overwatch League

Sicuramente in questo episodio potrei risultare un po’ ridondante, dovendo tornare su piccoli episodi che vi ho già citato. Tuttavia, ritengo doveroso dover ripercorrere la storia degli esport per poter comprendere appieno tale fenomeno e i numeri che oggi sta generando.
Gli sport elettronici non sono sempre stati i protagonisti di “milioni di spettatori” o di “miliardi di incassi”, prima ancora di tutto questo ci sono stati grandi tornei che hanno segnato tappe importanti, ma anche fallimenti, la recessione e un senso di inferiorità che ancora oggi attanaglia i fan degli esport, alla continua ricerca di accettazione da parte di una società che fatica a riconoscerli.

Quando vi ho parlato dei fattori che hanno determinato il successo degli esport, ho citato “Tic-Tac-Toe” (1952) come il loro punto di partenza, designando Alexander Shafto Douglas come il padre dei videogiochi. Tuttavia, ho anche detto che “era ancora presto per parlare di videogame o multiplayer: ci si confrontava ancora con una macchina, non con un’altra persona, e si trattava di un titolo che era una semplice trasposizione digitale di un “gioco cartaceo” noto a tutti.”
Quale fu quindi il primo vero multiplayer? Beh, 6 anni dopo Tic-Tac-Toe, William Higinbotham rilasciò “Tennis for Two”: un “videogame” 2D sul tennis, creato utilizzando un oscilloscopio come schermo, e un controller in alluminio per poter servire e lanciare la palla, consentendo a due persone di giocare l’una contro l’altra.
“Tennis for Two” aveva come unico scopo quello di intrattenere i visitatori del Brookhaven National Laboratory, permettendogli di seguire la partita tra due “giocatori”.
Bene, ora immaginatevi di creare un “videogioco” quasi per scherzo e di ritrovarvi il giorno dopo una fila di centinaia di persone per provarlo: questo fu il fenomeno che scaturì “Tennis fo Two”.
Nonostante il “grande” successo, era comunque presto per poter parlare di videogame: tennis for two continuava ad essere “privo di una struttura di gioco appositamente creata, ma funzionante tramite un utilizzo alternativo degli strumenti già presenti (come se, per esempio, al giorno d’oggi giocassimo a Tris sul programma per disegno MSPaint)”.

Tennis For Two

L’ascesa dei videogiochi in quegli anni era frenata anche da un altro fattore: un computer della IBM poteva arrivare a costare 4,6 milioni di dollari, un prezzo che potevano permettersi in pochi e che iniziò a diminuire solo dal 1971, quando vennero commercializzati i primi microprocessori.
Tuttavia, nonostante gli elevati costi, nel 1962 viene sviluppato il primo videogame pensato apposta per computer, ovvero Spacewar!, creato da alcuni studenti del MIT guidati da Steven Russell. Il gioco consisteva in due astronavi, ognuna delle quali era fornita di trentuno missili, e i bersagli disposti casualmente sullo schermo.
Se Tennis For two ha rappresentato nel lontano ’58 il precursore dei videogame, Spacewar! viene invece considerato l’antenato degli arcade.
Dal 1972 in poi, compagnie come la Magnavox, Atari, e Vectorbeam, presentarono i loro primi videogiochi, e nell’ottobre dello stesso anno, allo Stanford Artificial Intelligence Lab di Los Altos, in California, ebbe luogo il primo torneo non ufficiale degli esport: l’Intergalactic Spacewar Olympics, organizzato da Stewart Brand, all’epoca uno scrittore e editore.
Negli anni seguenti il mercato dei videogame iniziò a crescere, con un aumento esponenziale delle console e degli arcade. Sebbene gli esport faticassero ancora a prendere piede, nel 1980 si tenne il primo evento ufficiale videoludico, lo Space Invaders Tournament (che già abbiamo citato precedentemente). Il successo che ebbe tale evento fu talmente grande che la compagnia statunitense Atari istituì l’anno seguente un campionato mondiale, mettendo in palio 50 mila dollari ma l’esito non fu quello sperato e su una aspettativa di 3.000–10.000 partecipanti, se ne presentarono solo 174. Il motivo alla base di tale fallimento fu fondamentalmente che i partecipanti si dovevano spesare il viaggio e all’epoca non ne vale la pena, non ancora per lo meno. Inoltre, sembra che i due vincitori (Eric Ginner e Ok-Soo Han) non ricevettero mai il premio.
Nonostante ciò, continuarono ad esserci ulteriori innovazioni dal successo non indifferente, come la creazione di un database in grado di memorizzare gli high scores dei vari giocatori e diventare così lo scoreboard ufficiale dei vari eventi a supporto dell’organizzazione dei campionati.

È negli anni ’90, come abbiamo già visto, che la Nintendo dà una spinta importante alla diffusione dei videogiochi e dei tornei attraverso il Game Boy, (affiancato dall’arrivo della Playstation) e con l’organizzazione della Nintendo World Championships (1990), seguita, quattro anni dopo dal Nintendo Powerfest ’94.
Nel 1997, ebbe poi luogo uno dei più grandi eventi di esport di quegli anni: il Red Annihilation, dedicato al videogioco Quake (uno sparatutto in prima persona). Il torneo, che ebbe luogo negli Stati Uniti, vide la la partecipazione di circa 2000 giocatori che si scontravano in un match 1v1. I sedici finalisti vennero convocati presso il World Congress Center ad Atalanta, in Georgia, durante l’E3 Gaming Expo, e il torneo vide prevalere Dennis “Thresh” Fong su Tom “Entropy” Kimzey, garantendo al primo la vittoria di una Ferrari 328 GTS messa in palio dal co-fondatore del videogioco John Carmack.
Ma perchè il Red Annihilation riscosse tanto successo? Dovete sapere che, fino ad allora, il multiplayer non era mai stata una priorità per le case di videogiochi; Quake fu il primo titolo ad avere mappe pensate proprio per tale scopo, con una architettura specifica sia per client che per server. C’erano sicuramente dei limiti, dettati anche dalle tecnologie dell’epoca, che comunque non frenarono l’entusiasmo dei fan.
In ogni caso, in questi anni ebbero luogo numerosi eventi videoludici, come il Battle by the Bay negli USA (ora conosciuto come l’Evolution Championship Series), il QuakeCon nel 1996, il Cyberathlete Professional League (CPL) e l’AMD Professional Gamers League (PGL) nel 1997.

Evolution Championship Series 2018

Nel 1999, contemporaneamente a Counter-Strike (che ricordiamo essere stato il primo videogioco a trasformarsi in un esport), la Blizzard rilasciò Starcraft, un Real Time Strategy (o, nelle sua abbreviazione, RTS) che divenne il videogame più giocato del momento.
Starcraft aiutò moltissimo la scena degli esport corean. Difatti, se oggi la Corea è conosciuta un po’ come “La Mecca” degli sport elettronici, il merito è anche del titolo della Blizzard, che supportò la diffusione del mondo competitivo, determinando la nascita di molti internet cafè e un successo che gli altri Stati conobbero solo diversi anni dopo.
Proprio per tali motivazioni, la Samsung decise di tenere la prima edizione dei World Cyber Games a Seoul, nel 2000: il montepremi di 300 mila dollari fu conteso da più di 430 giocatori, proveniente da 37 Paesi diversi.

Nel 2002 vi fu un altro importante evento: nacque la più grande associazione di esport, la Major League Gaming (MLG), la cui missione è tutt’oggi quella di “promuovere globalmente gli esport attraverso una competizione di prim’ordine, e fornire contenuti di gioco premium agli spettatori sempre e comunque attraverso la piattaforma di streaming globale”. Furono loro ad introdurre il “Pro Points Ranking System”, uno dei metodi fondamentali per l’assegnazione dei punti competitivi al fine di determinare il miglior giocatore nel mondo professionale.

Sebbene negli anni a seguire gli esport continuarono a diffondersi con prepotenza, facendosi strada a gomiti larghi e continuando a stupire con i loro numeri, con la crisi economica del 2009 subirono una battuta d’arresto.
Fu un po’ come ricevere uno schiaffo in faccia. Fino ad allora i numeri grosso modo erano sempre andati aumentando, eppure con la crisi che già imperversava dal 2006, il mondo degli esport vacillò per la prima volta: incapaci di creare un business sostenibile, privo di qualsiasi appoggio esterno, molti eventi fallirono, i montepremi dimezzarono e tutte quelle associazioni o società che dipendevano totalmente dagli sponsor scomparirono.
Sopravvissero solamente coloro che riuscirono a diventare autosufficienti capendo quanto fosse importante costruirsi un pubblico e far sì che gli esport diventassero un vero e proprio evento mediatico.
Tuttavia, già in passato molte società avevano provato a conquistare spettatori entrando nel mondo della televisione, senza però riuscirvi con successo. L’unica alternativa valida rimaneva lo streaming online: un ambiente ancora estremamente difficile e non troppo considerato almeno fino al 2011, quando venne fondato Twitch.

Nel triennio tra il 2009 e il 2011 si verificano infatti tre importanti eventi che segnano l’inizio di una nuova era: la nascita di League of Legends nel 2009, l’annuncio del gioco StarCraft II nel 2010 e, per l’appunto, la fondazione di Twitch nel 2011. Questi tre avvenimenti segnano la fine di un periodo di stabilità, creando la possibilità di un business sostenibile, con entrate meno altalenanti e una crescita costante.
Con la fine della grande recessione e la conseguente crescita esponenziale del settore competitivo, negli ultimi anni, sempre più compagnie si sono interessate a questo mercato, delineando il business model che conosciamo oggi e che affronteremo nei prossimi capitoli.

StarCraft II

Capiamo quindi che gli esport non sono un fenomeno di nicchia, non parliamo di cento o di mille persone, ma di milioni di spettatori e di miliardi di ricavi. Eppure nel corso degli anni, parallelamente a questi eventi, si sono venute a delineare due diverse correnti di pensiero: c’è chi dice gli esport non esistono, perchè un ragazzo che gioca davanti a un computer non può essere chiamato atleta; e c’è chi invece sostiene che gli esport esistono e sono reali e che sono effettivamente sport.
A difendere quest’ultima tesi, nel 2017, il Comitato Olimpico Internazionale ha affermato che “Competitive “eSports” could be considered as a sporting activity” e il Governo francese ha identificato il giocatore di esport come un atleta professionista, con diritti e obblighi, affrontando il problema di pensionamento, disoccupazione e assicurazione medica (Decreto n. 2017–872 del 9 maggio 2017 della legislazione francese), decisione seguita poi dal governo delle Filippine nel 2007.

La strada da percorrere è — tuttavia — ancora lunga; nei prossimi articoli vedremo come i giocatori di esport ancora oggi non sempre hanno tutele pensionistiche o sanitarie e la loro figura rimane in un limbo non definito, dove guadagnarsi da vivere diventa difficile e garantirsi un futuro stabile sembra un miraggio.

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Francesca Sgambato
Francesca Sgambato

Written by Francesca Sgambato

Laureata magistrale in Economia e Management, da luglio 2020 ho fondato Esport Center asd, una associazione che promuove gli esport amatoriali in Italia.

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